"Ricordi: se non costa niente non vale niente". Il dibattito sui
biglietti d'ingresso per visitare Venezia mi ricorda il monito che ho
ricevuto qualche anno fa. Si discuteva del mio intervento in occasione
delle "Giornate della Metropoli Orologiera" a La Chaux-de-Fonds. La
manifestazione aveva lo scopo di diffondere la cultura dell'orologeria
nel cuore dell'industria stessa e, naturalmente, di attirare turisti.
Avevo proposto agli organizzatori una
conferenza sulla storia dell'orologio da polso. Senza chiedere compensi
perché valutavo che l'iniziativa sarebbe stata una promozione efficace
per la mia attività editoriale. L'offerta fu accettata, ma ci fu un
piccolo problema quando ci trovammo intorno a un tavolo per definire i
dettagli. La responsabile commerciale della manifestazione, dirigente di
una Casa d'orologeria prima di creare la propria agenzia di marketing,
proponeva di far pagare un biglietto a chi voleva assistere. Io ero
contrario perché mi sembrava che un contributo gratuito sarebbe stato
più in carattere con gli intenti divulgativi dell'evento. Fu nel corso
della conversazione che la signora pronunciò la frase con cui ho aperto
il post. La spuntai io, ma quando vidi la sala piena a metà mi chiesi
chi aveva ragione. La mia interlocutrice non aveva dubbi: "Se avessimo
fatto pagare, non ci sarebbe stato un posto libero", commentò. Perché?
Semplice, in base alla sua esperienza: se si paga per qualcosa,
significa che questo qualcosa ha un valore. Nessuno dà niente per
niente.
Che c'entra con Venezia? La città non ha bisogno di far
pagare per dimostrare che vale qualcosa. Però credo che un biglietto
d'ingresso avrebbe un valore simbolico, oltre a quello economico. Se
fossero costretti a pagare e a prenotare con largo anticipo, magari
modificando i piani delle vacanze per trovare un giorno libero, i
turisti avrebbero la sensazione di assicurarsi un privilegio raro:
visitare la città più bella del mondo nelle condizioni migliori, insieme
a viaggiatori altrettanto motivati e consapevoli del valore di ciò che
vedono. Il contrario delle orde che imbrattano e soffocano la città
adesso: un panino, un selfie sul Canal Grande e via, esperienza usa e
getta senza valore né ricordi. A chi osserva che la quota d'ingresso
sarebbe penalizzante per chi non può permettersela, obietterei che il
90% dei turisti attuali, con ogni probabilità, pagano senza fiatare
quando gli chiedono 50 euro per quattro ore in discoteca o in un parco
acquatico. Ma l'obiezione più importante rimane la stessa: se non costa
niente non vale niente…
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