Più belli, più
importanti, più più graditi. Ho messo su un podio i tre regali
"più" che ho ricevuto. Gli oggetti in questione hanno qualcosa in
comune: sono tuttora in mio possesso, mi ricordano persone e/o eventi, hanno un
certo interesse storico. Tutto il resto li allontana: tipologia, epoca di
fabbricazione e di entrata in possesso, provenienza, identità e nazionalità del
donatore, circostanze della donazione.
Nessuno di essi è un
orologio. Meglio così: ogni tanto fa bene parlare d'altro.
Terzo posto
Come ogni
premiazione che si rispetti, anche questa parte dalla medaglia di bronzo. Che
va a una coppia di penne Waterman. Regalo di laurea dei nonni materni, nel
lontano 1982. Praticamente nuove perché non le ho usate quasi mai. Recentemente
le ho recuperate dal cassetto e ho fatto una brutta scoperta: inutilizzabili
perché sono uscite di produzione da oltre trent'anni e non esistono più le
cartucce di ricambio. Non mi sono arreso all'(apparente) evidenza. Dopo vari
tentativi, un collezionista conosciuto su Facebook mi ha indicato il negozio
giusto e ora le penne sono funzionanti.
Sono tutte e due
placcate oro e rabescate a "chicco d'orzo", come i quadranti di certi
orologi (ecco che salta fuori la deformazione professionale). La più interessante
è la stilo. Non solo per ragioni estetiche, come ho scoperto con una piccola
ricerca. La sigla C/F che dà il nome al modello sta per Cartridge Filled, cioè
Ricarica a Cartuccia. La diffusione di questa tecnologia si deve proprio a
Waterman, costruttore americano che brevettò la C/F nel 1953 (vedi disegni). Negli
Anni 60, dopo che la Casa madre era stata assorbita da Bic, la fabbricazione si
trasferì presso la filiale francese della ditta. Per questo sulle mie penne
figura la scritta "Made in France". Poco più tardi (1985), Waterman
fu acquistata da Gillette e tornò americana. Ora il marchio appartiene a Newell
Brands, gigante USA del settore (Parker, Paper Mate,…). A ogni cambio di proprietà
sono mutate le strategie produttive. Questo spiega perché le cartucce sono
diventate introvabili.
Come risolvere il
problema? Sostituendole con un piccolo serbatoio a stantuffo che permette di
caricare l'inchiostro come si faceva prima dell'avvento delle cartucce stesse.
In altre parole: per resuscitare una penna rivoluzionaria (ai suoi tempi)
bisogna privarla della sua caratteristica rivoluzionaria… Il titolare del
negozio mi ha congedato con un monito inquietante: usare con cautela perché se
si rompe il pennino (oro 18 carati) la penna è davvero finita.
Tra i regali da
podio questo è il più bello. Non lo metto al primo posto perché gli manca un
requisito che hanno gli altri due: l'effetto sorpresa. In effetti si poteva
immaginare che i nonni mi avrebbero fatto un regalo per la laurea. Facoltà
letteraria, quindi cosa regalare se non una penna? Semplice: due penne! Grazie
nonni. Il vostro ricordo mi accompagna spesso nel taschino della giacca e non
manca di incuriosire chi, al contrario di me, di penne se ne intende. Una
Waterman "francese" è un oggetto insolito.
Secondo posto
Nel podio dei regali
la medaglia d'argento va alla… medaglia di bronzo!
Primavera del 1990.
La redazione del Guerin Sportivo è in fermento. Si avvicina Italia 90, il
Mondiale di calcio, e il settimanale in cui lavoro è in prima linea. Deve dimostrarsi
all'altezza del suo ruolo di Bibbia italiana del calcio internazionale e ci
riuscirà come sempre. Tra le ruote di un ingranaggio ben oliato ci sono
anch'io. La conoscenza di quattro lingue mi vale qualche viaggio all'estero per
servizi e interviste, nonché l'incarico di tenere i contatti con i
corrispondenti, commissionare e tradurre i loro articoli.
Uno di essi è un
giornalista di Montevideo, collaboratore di lungo corso della testata. Il
viaggio al seguito di una delegazione della Federazione uruguayana, in Italia
per compiere un sopralluogo presso la struttura che ospiterà il ritiro, offre
l'occasione di incontrarci finalmente di persona. Ci vediamo una mattina in
redazione. Una chiacchierata in spagnolo, poi da una borsa gonfia
all'inverosimile di appunti scritti a mano, riviste, almanacchi - N.B. per i
nati in ere geologiche più vicine all'attuale: niente internet, all'epoca - esce
una bustina: "L'ho comprata in un mercatino di Montevideo".
Ne fa
scivolare fuori l'oggetto che vedete in foto e me lo porge. Sul palmo della mano
ho la storia del calcio: una delle medaglie commissionate nel 1930 dalla
Federcalcio uruguagia per celebrare la prima edizione del "Campeonato
Mundial de Football". Sede unica della manifestazione: lo Stadio
Centenario di Montevideo, di cui la medaglia riproduce l'inconfondibile statua
con la torre.
"Bella!", gli dico, "complimenti". E faccio
per restituirla. "No", mi dice, "è tua". "Mia?"
"Sì, un regalo dal Sudamerica". La mia espressione deve essere quella
di chi si chiede quando salteranno fuori i cameramen e il presentatore che
intima "Sorridi, sei su Candid Camera!" Così, per convincermi, Raul mi
allunga la bustina. Ci infilo la medaglia e l'appoggio sul tavolo, a metà
strada tra me e lui: precauzione nel caso che riacquisti l'uso delle facoltà
mentali e se la riprenda. Non accade e, dopo averlo accompagnato all'uscita, la
metto nel portafogli.
Sulle prime mi
chiesi perché l'aveva fatto. Non mi doveva niente, collaborava con la rivista
da ben prima che ci arrivassi io e avrebbe continuato a farlo in ogni caso. Poi
ho capito che la ragione era precisamente questa. Cortesia disinteressata e il
gusto di vedere lo stupore un po' inebetito di chi la riceve. Fare un regalo, spesso,
è più gratificante che riceverlo.
Grazie Raul. Sarebbe
difficile pensare a un souvenir più appropriato di quel periodo (il 1990, non
il 1930: sono vecchio ma non esageriamo). Quindi vale il secondo posto che gli
assegno nella Superclassifica, anche se è meno bello degli altri oggetti sul
podio.
Il valore venale non è elevato. Ogni tanto queste medaglie appaiono su eBay e le aggiudicazioni si
situano fra i 100 e i 300 dollari. Attenzione, però: un esperto mi ha detto che in giro ce ne sono parecchie false...
Primo posto
Estate 2012, abito
da tempo in Svizzera. Tra gli amici locali c'è un riparatore/commerciante di
orologi d'epoca che mi ha venduto qualche pezzo interessante e ha fornito
informazioni preziose per i miei libri storici. Da qualche anno, a ogni mese di
agosto si ripete la seguente scenetta. Il sottoscritto entra in negozio:
"Ciao, sai che giorno è oggi?" E Louis, che ovviamente conosce il
seguito: "No. E non mi interessa saperlo". "Grazie di avermelo
chiesto. È il mio compleanno. Sono passato a ritirare il regalo. Così non devi
nemmeno incartarlo e farmelo recapitare".
In altre parole: tento
di convincerlo che gli acquisti passati mi danno il diritto a un pensierino
gentile di tanto in tanto. Il seguito è quasi sempre lo stesso. Passo in
rassegna le vetrine, punto il dito sull'oggetto più prezioso, incasso un
"Vaffa" e poi, dopo una trattativa serrata (leggi "accattonaggio
molesto"), riesco generalmente a spuntare un oggettino di minor conto:
scatola o rivista d'epoca, per esempio.
Un bel giorno compio
il salto di qualità. Durante il sopralluogo tra le vetrine, frenata brusca.
Sotto gli occhi ho un oggetto che non c'entra con gli orologi o con la
Svizzera: una spilla dalla sagoma familiare. Sono fresco di ricerche per il mio
romanzo storico, quindi mi è facile riconoscere l'emblema della Royal Air Force
(RAF). Si vede subito che non è un souvenir da bancarella: smalti traslucidi
sulle ali e sulla corona d'alloro, punzoni in abbondanza sul retro. E poi Louis
non vende patacche.
Chiedere ad Angela
di regalarmi la spilla? Perché no. Intanto la butto lì: "Potresti darmi
questa". Dicendomi che dopo aver incassato il solito "Vaffa"
rimedierò la solita scatola, poi chiederò il prezzo della spilla e partirà
l'offensiva nei confronti della moglie. "Quella? Se ti piace
prendila". La risposta mi coglie impreparato e ispira un'associazione
d'idee: la scena finale di "Prima Pagina", quando Walter Matthau
regala il suo orologio a Jack Lemmon e poi corre alla Polizia: "Quel
bastardo mi ha rubato l'orologio!" Ma no, penso: Louis non farebbe una
cosa simile. "Sei sicuro?", gli chiedo. "Boh… Sì. Ma perché ti
interessa?" Glielo spiego e, dopo un'ulteriore conferma, ringrazio ed esco
in fretta. Meglio non indugiare, non si sa mai.
Poi mi metto a
cercare su internet e ho una sorpresa. La spilla non è ciò che pensavo, cioè un
accessorio per le occasioni da alta uniforme. È una "spilla dell'amore"
(sweetheart brooch), cioè il classico dono dei militari britannici alle rispettive
compagne, molto apprezzato a partire dalla Prima Guerra Mondiale. Le
destinatarie lo indossavano per mostrare che erano orgogliose del partner al
servizio del Paese. Pare che la spilla avesse anche una funzione dissuasiva nei
confronti di chi - si sperava - ci avrebbe pensato due volte prima di provarci
con la fidanzata o la moglie di un soldato.
I punzoni forniscono
una carta d'identità abbastanza completa dell'oggetto. Il fabbricante è la
ditta James William Benson di Londra (sigla JWB). Il tenore dell'oro (9 carati,
cioè 375/1000) è stato certificato dall'agenzia di controllo di Birmingham (simbolo
dell'ancora) nel 1970 (lettera V). Queste spille appaiono in diversi negozi
online. Ne ho visto una simile a questa, stessa caratura e agenzia di controllo.
Prezzo: 350 sterline.
Perché piazzarla al
primo posto del ranking? Perché è un regalo inatteso e sembra fatto su misura
per chi lo riceve. Proprio come la medaglia del Mundial. Gli dò la precedenza
perché più bello e più importante. In fondo il Mondiale di calcio è storia
dello sport, mentre la RAF è Storia con la S maiuscola. Ho voluto ricordarlo abbinando
la spilla (in foto) con il modellino di un aereo, lo Spitfire, che è anche un
simbolo: della RAF, dell'aviazione in generale, ma soprattutto della liberta e
del prezzo da pagare per conservarla.
Com'è finita la
spilla in Svizzera, nel negozio del mio amico? Naturalmente gliel'ho chiesto,
ma non se ne ricorda. Tipico di uno a cui il figlio dodicenne, una volta, ha
nascosto uno degli orologi in esposizione per fargli uno scherzo e costringerlo
a ore di ricerche affannose. Invano: lui non se n'è accorto e alla fine il
figlio ha rimesso l'orologio dov'era.
Il viaggio tra i regali "più" termina con un
doveroso ringraziamento a Louis e una precisazione. Sarò uno scroccone, ma non
un ingrato: in seguito gli ho regalato tre dei miei libri.
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