Rolex non è solo la marca di orologi più
famosa del mondo. È anche il campo di battaglia dove si fronteggiano gli ultras
del pro e del contro, opposti fanatismi che faticano a dialogare. Per i tifosi
sono gli orologi più belli del mondo, imitati da tutti ma inimitabili, ambiti,
noti anche a chi non sa nulla di strumenti per la misura del tempo. Per i
nemici sono pacchiani status symbol da nuovi ricchi, sopravvalutate repliche di
se stessi, fenomeno pubblicitario e di moda.
Da parte mia, avendo frequentato il mondo
dell'orologeria vintage e contemporanea per un quarto di secolo e dedicato due
libri a Rolex, sono arrivato alla conclusione che i fan più accesi hanno
ragione per i motivi sbagliati e che i loro rivali hanno torto per i motivi
giusti.

In altre parole: secondo me Rolex è la marca
più importante degli ultimi cento anni perché è quella che ha influito
maggiormente sullo sviluppo dell'orologio da polso. La sua età d'oro si colloca
tra il 1926 (lancio dell'Oyster) e il 1956 (Day-Date). Il Datejust (1945) è il
prototipo dell'orologio da polso moderno: impermeabile, automatico, provvisto
di datario. Da almeno cinquant'anni tutte le Case importanti hanno un orologio
di questo tipo in catalogo. Se ai modelli citati aggiungiamo il Submariner e
gli altri "professionali", tutti nati nei primi Anni 50, ecco che
completiamo la gamma non solo di Rolex ma di quasi tutti i fabbricanti. Dunque sono sostanzialmente d'accordo con i fan e trovo stucchevoli i post e i video nei quali sedicenti esperti spiegano perché non compreranno mai un Rolex. Ho l'impressione che la motivazione autentica si possa sintetizzare nella frase seguente: provo ad andare controcorrente perché altrimenti non saprei come farmi notare.
Sul versante opposto mi lasciano perplesso certe espressioni
di fanatismo, cominciando dall'astruso gergo per iniziati che continua ad
arricchirsi di vocaboli nuovi. Quadranti tropicali, scritte rosse, coroncioni,
cornini e amenità consimili sono gli elementi costitutivi di una cultura
basata su congetture, nozioni non verificabili e leggende urbane confezionate da esperti
interessati che approfittano di un vuoto importante: al contrario di altre Case
importanti, Rolex non ha pubblicato un libro ufficiale sulla propria storia. In compenso,
sono uscite diverse opere non autorizzate, tra le quali i miei "Rolex dalla A alla Z" (2007) e "Rolex 1905-1960" (2018) su cui non posso pronunciarmi per evidenti ragioni di
opportunità. Quanto alle altre, si tratta spesso di cataloghi illustrati,
compilati da operatori di mercato o collezionisti e - salvo qualche eccezione, ad esempio l'ottimo "The best of time" di James Dowling e Jeffrey
Hess - abbastanza poveri di informazioni. Gli innumerevoli blog e forum Rolex
presenti sul web aiutano fino a un certo punto perché scontano il medesimo
peccato originale: ad animarli sono per lo più commercianti o appassionati che sanno o giurano
di sapere tutto sul font adottato nei certificati di garanzia del 1973 ma non
hanno mai sentito nominare Aegler. Chi era costui? Pochi tra i sedicenti esperti
che ho incontrato hanno saputo rispondere. Comprensibile: Aegler non fa
vendere, i cornini sì.

Non c'è dunque da stupirsi se i Rolex vintage più
importanti, per molti collezionisti e la totalità dei mercanti, sono quelli
che, all'epoca della loro produzione, hanno avuto meno successo. Primo fra
tutti il Daytona a carica manuale, che la Casa, preso atto dello scarso
interesse del pubblico, produceva in quantità relativamente limitate rispetto agli
standard abituali. Circostanza che non giustifica certi prezzi, anche perché appare difficile sostenere la rarità di oggetti che ho
visto in almeno cinquanta esemplari distribuiti tra non più di una trentina di
rivenditori. Quanti altri ce ne saranno, in giro? Cinquecento? Cinquemila? Cinquantamila?
Perché è così facile trovare un orologio definito "raro"? Lascio le ipotesi a chi ha avuto la pazienza di seguirmi fin qui.
In definitiva, penso che i detrattori abbiano
torto quando snobbano Rolex, ma che a volte lo facciano per i motivi giusti: certi
tic del mercato sono puramente speculativi, frutto di una promozione scaltra che
presenta analogie interessanti con quella praticata nel settore dell'arte
contemporanea.
Volendo compilare una lista dei
"must" per il collezionista Rolex attento alla storia della marca e
dell'orologeria in generale, mi sembra indispensabile partire dalla premessa
che l'importante sono il nome dei modelli e la ragione della nomination, non i numeri
di referenza. Il risultato è il seguente, in ordine puramente cronologico:
1. Oyster degli anni 20/30. Primo orologio
davvero impermeabile.
2. Prince degli Anni 30. Stile e tecnologia
innovativi (doppio quadrante).
3. Perpetual ("Ovetto") degli
Anni 30/40. Impermeabile e automatico.
4. Datejust degli Anni 40/50. Impermeabile e
automatico con datario.
5. Submariner degli Anni 50/70. Primo
subacqueo per il grande pubblico.
6. Day-Date degli Anni 50/70. Icona del lusso
sportivo
7. GMT-Master degli Anni 50/70. Doppio fuso
orario semplice e pratico.
8. Daytona degli Anni 2000. Primo movimento
cronografico della Casa.
L'assenza di modelli celebrati come il Turn-O-Graph,
il Milgauss, l'Oyster Perpetual con fasi lunari o i primi Daytona si spiega con
il fatto che non si sono distinti né per l'innovazione tecnica né per il
successo presso il pubblico all'epoca in cui sono stati lanciati. Ciò non
toglie che possano piacere al collezionista contemporaneo. Secondo me, per
esempio, l'Oyster tripla data con fasi lunari è il Rolex più bello di sempre.